Diario ironico di chi combatte ogni giorno con la realtà (e perde con stile).

Queste parole sono dedicate a un amore folle, passionale e fuori controllo.
Quando ho bisogno di dolcezza, c’è. Quando voglio festeggiare qualcosa di speciale, è lì con me.
E quando guardo il mio film preferito, mi consola e mi conforta.
Sto parlando di lei: la torta Sacher.

È il mio dolce preferito, quindi mi sembrava doveroso dedicarle un piccolo spazio.
Forse la amo così tanto perché rappresenta un po’ il mio lato oscuro quello che vorrei essere, ma non sono.

La Sacher è composta da due strati di pan di Spagna al cioccolato leggero, un sottile velo di confettura di albicocche al centro e una copertura lucida di glassa fondente.
Tradizionalmente si serve con panna non zuccherata, per bilanciare la sua intensità.

È un dolce corposo, costruito con precisione millimetrica: ogni strato ha un ruolo, ogni sapore sa quando entrare in scena.
Sublime, avvolgente, seducente.
Io, davanti a lei, mi arrendo: sono follemente innamorata.

La Sacher è tutto ciò che io non sono.
Io non ho due strati perfetti, ma un centinaio accatastati, che tentano disperatamente di restare in equilibrio.
Non sono elegante come la sua copertura liscia e lucida: sono opaca, piena di grumi, complicata.

Eppure, se devo riconoscermi in qualcosa, sono lo strato sottile di confettura di albicocche.
Quel tocco di acidità che smorza la dolcezza, che quasi non si vede ma fa la differenza.
Sono l’ingrediente inaspettato che trasforma una semplice torta al cioccolato in una Sacher:
il dettaglio imperfetto che rende tutto perfetto.

Apocalissi quotidiane

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